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Medicina Nucleare

CMO, Medicina Nucleare: 70 dipendenti a casa. Prospettive future dubbie, chi ha vinto in questa battaglia?

Torre Annunziata, 8 Agosto 2018 – “Dover oggi rinunciare alla branca di Medicina Nucleare del CMO si ripercuote sull’intera attività aziendale. Negli ultimi giorni, dopo aver abbandonato ogni speranza di poter riaprire il reparto, ci siamo interrogati sulla possibilità di salvare il resto dell’azienda, o in alternativa far decadere tutto. Dopo aver eliminato tutti i costi possibili, è emersa una necessità irreversibile. Oggi l’azienda è in esubero di circa 70 unità lavorative su 140. Pertanto saranno avviate nei prossimi giorni tutte le procedure previste dalla legge per poter addivenire ad una soluzione che tuteli tutti i dipendenti allo stesso modo” – è quanto dichiara Luigi Marulo, Amministratore del CMO di Torre Annunziata nel corso della conferenza stampa tenutasi presso la sede di Via Roma, a seguito della decisione del Tribunale di Torre Annunziata di negare il dissequestro dello stabile ospitante la medicina nucleare.

“Lunedì 30 luglio il Giudice dell’Udienza Preliminare presso il Tribunale di Torre Annunziata, su richiesta della locale Procura della Repubblica, si è pronunciato negativamente sulla richiesta di dissequestro dello stabile ospitante la medicina nucleare. A seguito di tale provvedimento, anche con il contributo dei nostri consulenti legali e tecnici, abbiamo vagliato tutte le possibili soluzioni per poter riaprire la struttura ed erogare le prestazioni in regime di accreditamento.
In conclusione, risulta allo stato impossibile poter prevedere le modalità ed i tempi per poter raggiungere tale obiettivo. Come famiglia di imprenditori abbiamo dovuto, nostro malgrado, prendere atto di tale circostanza. Di conseguenza, abbiamo dovuto maturare una serie di decisioni. Decisioni basate, tra l’altro, prendendo atto di provvedimenti giudiziali interlocutori (atteso che il processo inizierà non prima del 29 marzo 2019), ma con conseguenze reali incalcolabili. L’iter giudiziale ed amministrativo, avviato nel marzo 2017, con azioni penali, amministrative comunali e amministrative sanitarie, che con straordinaria velocità si autoalimentavano le une con le altre, ha già fortemente penalizzato la struttura, essendo stata la stessa chiusa per oltre sette mesi fino al fatidico 30 luglio 2018. In questi sette mesi (giugno 2017-gennaio 2018), l’impresa, nella convinzione di avere sempre rispettato tutte le norme in materia edilizia, amministrativa e sanitaria, ha onorato gli impegni verso tutti i dipendenti, collaboratori e fornitori. Il danno subito, calcolabile per decine di milioni di Euro, non sarebbe nuovamente sostenibile per un ulteriore, indefinito, periodo di tempo. Determinazioni che siamo costretti ad assumere, pur avendo più volte invocato la proporzionalità tra fatto contestato e conseguenze reali (diritto alla salute, occupazione) o economiche (dissesto aziendale).”

Continua Luigi Marulo: “ Prima di comunicare le decisioni aziendali, obbligatoria è una premessa. Il CMO è una realtà sanitaria con una multidisciplinarietà organizzativa complessa. Solo l’interezza e la sinergia tra le varie branche ha permesso di raggiungere una crescita di risultati, in termini di turnover e di numero di dipendenti, di tre volte nel periodo 2014-2016.  Oltre 200 posti di lavoro (tra dipendenti e collaboratori), oltre 150.000 pazienti l’anno, di cui il 15-20% proveniente da altre regioni di Italia, per 800.000 prestazioni sanitarie, in totale controtendenza rispetto al trend di migrazione sanitaria. Il CMO è infatti una delle poche realtà campane che contribuisce alla migrazione sanitaria attiva, in una Regione dove il saldo di migrazione sanitaria raggiunge un passivo di quasi 300 milioni di Euro l’anno.”

Alcuni dati e riflessioni: i pazienti che provengono da fuori Regione, con almeno un accompagnatore, superano i 30.000 visitatori annui degli scavi di Oplonti! Sul piano sociale, sarebbe interessante confrontare le immagini di qualche anno fa, rispetto ad oggi, della zona dove insiste il CMO. Una delle zone più martoriate della città, ha oggi una ben precisa identità urbana e sociale. Interessante è inoltre confrontare il numero di attività commerciali presenti su via Roma, rispetto a qualche anno fa. In ultimo, i Bed&Breakfast e le attività turistico-ricettive beneficiano ogni giorno di un indotto importante: tutti quei pazienti e quei familiari che giungono al CMO per un quesito diagnostico da altre Regioni di Italia, alloggiano sul territorio, visitano i nostri scavi, usufruiscono dei servizi locali, sfidano una popolazione a migliorare l’accoglienza e l’approccio alla “cosa comune”. Il flusso sanitario realizzato ha consentito di creare numerosi posti di lavoro indotto in città, distribuito su varie attività commerciali insediatesi negli spazi immediatamente contigui alle nostre attività, e soprattutto di creare convenzioni e servizi per i pazienti su molteplici strutture turistico-ricettive. La riqualificazione immobiliare scaturita dai nostri progetti ha stimolato l’emulazione da parte di attuali vicini, ed avrebbe potuto stimolare i futuri potenziali investitori in un illuminato progetto di sviluppo sociale ed urbano, in continuo miglioramento, determinando un “effetto contagio” di rigenerazione urbana e riqualificazione edilizia di cui Torre Annunziata ha bisogno, anche per la messa in sicurezza del proprio patrimonio immobiliare. D’altronde, queste attività hanno anche favorito in maniera esponenziale l’attrazione di “cervelli”, che hanno creduto nella nostra sfida scientifica.
Da una sfida di impresa di buona sanità, a volano di attrazione per l’intero territorio. L’impresa attrattore del Territorio migliora lo stesso; quest’ultimo, migliorando, crea condizioni di maggiore attrattività per l’impresa stessa: un circolo virtuoso di un sano sistema economico-territoriale. Oggi, con le nostre aziende (CMO, Lido Nettuno, Pastificio Marulo), riusciamo a dare lavoro ad oltre 350 persone, di cui 200 dipendenti. 350 famiglie rappresentano più di 1000 persone che direttamente beneficiano degli impegni profusi e dei risultati raggiunti. Senza calcolare il lavoro ed i benefici indotti nell’intera comunità urbana e sociale del Territorio.”

“Dover oggi rinunciare alla branca di medicina nucleare si ripercuote sull’intera attività aziendale e sui delicati equilibri sui quali fonda ogni avanzata organizzazione economica.
Nella convinzione di avere sempre rispettato le leggi vigenti, il bivio davanti al quale ci siamo trovati negli ultimi giorni, quando ormai abbiamo dovuto abbandonare ogni speranza di poter riaprire i lavori della già citata medicina nucleare, è stato innanzitutto quello di dover decidere se salvare il resto dell’azienda, o in alternativa far decadere tutto. Abbiamo quindi lavorato duro, mentre il resto del Paese è ormai già in vacanza, per calcolare i tagli ai costi, necessari per la sopravvivenza dell’azienda nella sua nuova configurazione. Dopo aver eliminato tutti i costi possibili, ad eccezione di quelli del personale dipendente, è emersa una necessità irreversibile. L’ultima, più insperata, dura al contempo, manovra, ha riguardato, con sofferenza, proprio il personale dipendente. Ebbene, oggi l’azienda è in esubero di circa 70 unità lavorative su 140. Pertanto saranno avviate nei prossimi giorni tutte le procedure previste dalla legge per poter addivenire ad una soluzione che tuteli tutti i dipendenti allo stesso modo, sia quelli che rimarranno sia quelli che dovranno optare per una diversa impostazione di vita lavorativa. Gli stessi saranno accompagnati dalle organizzazioni sindacali, al fine di poter predisporre tutte le azioni necessarie per tutelare i propri diritti.”

“Come famiglia imprenditoriale di Torre Annunziata, non abbiamo potuto eludere alcune amare domande:

  • È il caso di proseguire nell’impegno in questo territorio?
  • Sarebbe opportuno trasferire tutto?
  • Non ci conviene vendere quanto finora realizzato?

A queste domande, sapremo risponderci nei prossimi mesi. Andiamo avanti con determinazione con ciò che resta delle nostre aziende, ma faremo il possibile per trovare risposte ai quesiti su riportati, che ci assillano quotidianamente.
Avevamo puntato ad un concetto di “impresa sociale”, ovvero di impresa a disposizione della società: di cervelli, di pazienti e clienti, di investitori, di istituzioni, dei cittadini, di altre imprese, insomma del Territorio. In quest’ottica, avevamo lavorato per la creazione di un polo oncologico di eccellenza sanitaria, peraltro condiviso con Invitalia, per un finanziamento complessivo di circa 35 milioni di Euro. Le incredibili resistenze ed incomprensibili reazioni incontrate nelle Istituzioni hanno determinato la revoca di questo finanziamento, ed il conseguente andare in fumo di potenzialità straordinarie. Con questo concetto di economia sociale e sostenibile abbiamo portato avanti i nostri progetti imprenditoriali  ed avevamo avviato ulteriori iniziative, alcune delle quali oggi ancora in fase embrionale.” Spiega Luigi Marulo.

I sogni erano chiari: avremmo voluto dimostrare ai nostri figli che si poteva realizzare una buona economia anche su territori complessi come il nostro, e creare un’impresa di famiglie, non di famiglia. Di tutte le famiglie dei pazienti che oggi non hanno accesso ai nostri apprezzati percorsi diagnostici, grazie ai quali avevano sviluppato sicurezze anche in condizioni precarie. Di tutte le famiglie dei dipendenti e dei collaboratori, che fino ad oggi riponevano nel CMO la speranza di poter realizzare il proprio progetto di vita, mentre oggi vivono nel timore di vedere andare in fumo il proprio futuro, per il clima di assoluta incertezza che ci circonda.
Purtroppo, ci siamo resi conto che alcune delle categorie sociali menzionate non sono pronte al nostro concetto di impresa sociale, ovvero, forse, siamo noi a non essere adeguati per questo territorio.
Fare impresa nei nostri territori è molto più complesso che in altre realtà. Lavorare, peraltro, nella zona più fortemente disagiata della Città, ha rappresentato e rappresenta una sfida straordinaria. Realizzare una struttura capace di attirare 150.000 pazienti l’anno, a 400 mt. da “Palazzo Fienga” è una sfida che, probabilmente, avrebbe dovuto determinare un concreto entusiasmo nelle Istituzioni. Al contrario, non abbiamo riscontrato alcuna forma di partecipazione istituzionale.

Una sconfitta! Per tutti!

Ora però resta una domanda doverosa da porre alle Istituzioni: chi ha vinto in questa vicenda?”

Conclude Luigi Marulo, Legale rappresentante del CMO Centro Polispecialistico

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